6 – Le Zuppe

Piano, piano finalmente siamo arrivati ai… primi! E che primi!
Il grande Aldo Fabrizi, di cui molti si ricorderanno, vi ha pure dedicato un libro in versi “Nonna minestra” che, prima ancora che un ricettario, è un’opera di elevazione morale che insegna ad amare i prodotti della terra ed a comprendere, rispettare e coltivare la tradizione.
Già la prima quartina dice quasi tutto:

Eccheve che vordì  “Nonna minestra”:
‘na gioia antica che s’è fatta rara,
na cosa tera tera, ‘na scolara
che nun sapeva d’esse ‘na maestra.
E poi ancora, nella seconda poesia:
La pastasciutta, alberghi e ristoranti,
la fanno, bene o male, tutti quanti.

Ma le minestre de la Nonna, invece
nun poi trovalle de niuna spece.

Moniche e frati dentro li conventi
fanno ‘la zuppa mista e so’ contenti.

Molto più prosaicamente, anche noi siamo stati mossi dalle stesse considerazioni-motivazioni di ritorno alle origini in cui il pane ( non quello bianco di farina troppo raffinata, ma quello bigio integrale, o nero di segale, o di castagne, o misto) era il nutriente principe e non veniva cotto tutti i giorni ma ogni quindici o più.
Ecco che allora sorgeva il problema di variarlo un po’ nel gusto e di renderlo addomesticabile dalle dentature degli anziani, una volta che diventava duro. Le zuppe sono nate così, ed infatti l’etimologia si rifà al pane inzuppato, e nobilitato, da qualcosa di brodoso.
Era solitamente compito delle nonne raccogliere nell’orto e poi mettere sulla stufa al mattino e seguire nella lenta cottura quello che, col pane inzuppato o sbriciolato, sarebbe stato il pasto serale della famiglia nuovamente riunita.
Anche quest’anno ci corre l’obbligo di ringraziare le scuole elementari di Roccaforte Mondovì e di Carassone che, grazie alle nonne particolarmente coinvolte dall’argomento, ci hanno procurato  pregiato e copioso materiale tra cui non è stato semplice scegliere.

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