9 – L’Aia

Appena comunicato l’argomento del presente quaderno, due distinte persone mi hanno citato un detto nostrano:
“fomne, galine e oche: barbene tante e mantnine poche”!

(donne, galline ed oche: gustatene tante e mantenetene poche!) che cito per dovere di cronaca ma, pro bono pacis, evito di elevare a motto dell’anno non essendo politicamente corretto.
E in parte per lo stesso motivo, ma soprattutto perché non è un animale da cortile, non abbiamo inserito la ricetta
“gatto arrosto” procurataci da un solerte scolaro cui la nonna ha evidentemente raccontato la consuetudine invernale di un tempo. Infatti il citato felino, ben frollato sotto la neve, fungeva abbastanza comunemente da ottimo succedaneo del coniglio, addirittura arrivando ad avere per alcuni dignità di galuperia.
Venendo però nel concreto al ricettario mi corre l’obbligo di fornire alcune brevi notizie.
Alle ormai storiche collaborazioni delle scuole elementari di Carassone e Roccaforte quest’anno se ne sono aggiunte altre da Serra Pamparato e Vicoforte, cui va la nostra gratitudine.
La ragione per cui il coniglio vanta più ricette degli altri animali è che è l’unico non volatile qui preso in considerazione.
Comunque coniglio, gallina, pollo ed in parte tacchino sono abbastanza intercambiabili nelle rispettive ricette, con quasi solo mere differenze di tempi di cottura (un po’ più lunghi per gallina e tacchino).
Con la stampa del presente quaderno, non ostante una distribuzione quasi inesistente, affidata solo alla buona volontà di qualche amico “spacciatore” e alla partecipazione a qualche fiera in ambito locale, abbiamo superato le 50.000 copie complessive di tiratura, della qual cosa ringraziamo in primis quanti hanno gradito la nostra iniziativa spronandoci a continuare.
Da ultimo un bambino ci ha fatto un simpatico excursus storico rammentando che i capponi erano piatti da “signori”, a Natale omaggio d’obbligo – addirittura imposto da alcuni statuti – del mezzadro al proprietario del fondo; i contadini si consolavano dicendo: ” i son nen capon pì pagà ‘d coj regalà”!
(non ci sono capponi più pagati di quelli regalati).

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