11 – Le Frattaglie

Varcato il traguardo del volume n.10, con relativo cofanetto/raccoglitore, con questa nuova fatica intendiamo proseguire,  senza porre dei limiti alla divina provvidenza, la nostra opera dedicata alla salvaguardia delle nostre radici, specie quelle della cucina popolare tradizionale.
Ecco dunque un argomento ad hoc, che oltretutto capita a fagiolo in un momento di crisi economica in cui occorre fare attenzione al portafoglio ed evitare sprechi, secondo i dettami di una sana, vecchia economia domestica.
Premettiamo subito che oltre alle frattaglie in senso stretto abbiamo incluso anche ricette di nervetti,  coda e ganascini che,  con le predette , fan parte anch’essi del così detto “quinto quarto”, cioè le parti che restavano una volta prelevati i tagli più pregiati, ed in quanto tali riservati ai “ricchi” od alle grandi occasioni.
I tagli “poveri”, però, al contrario di quelli “nobili” (o, meglio, ritenuti tali), vedevano raddoppiati gli sforzi e gli artifici delle massaie e degli osti per renderli più appetibili ed appetitosi: volete mettere il profumo di una scodella di minestra di trippe con quello di una malinconica fettina?
E poi “poveri” di cosa?, e perché denominati tali ?.
Il fegato, ad esempio, di proteine ne vanta quante la carne ed abbonda di sali e vitamine – in particolare la B12 – così come il rognone che ha appena un pizzico di proteine in meno, ma forse per alcuni, al pari della lingua, un po’ troppo colesterolo.
La trippa, poi, di proteine ne ha il 18% e di grassi solo l’ 1% ed è quindi magrissima; se proprio le si vuole trovare un difetto è che abbonda di tessuto connettivo (spesso scambiato per grasso) che richiede una lunga cottura per esser facilmente digeribile.
Inoltre nulla v’è da temere dal punto di vista sanitario-igienico!. Forse non tutti sanno che i veterinari preposti ai controlli ai macelli ancor oggi per accertarsi dello stato di salute di un capo ne esaminano sempre le interiora.

Il riscontro che abbiamo avuto dagli scolari di Roccaforte, e dalle loro nonne, è stato incoraggiante e testimonia, ad esempio con un’infinità di ricette di minestra di trippe, che l’ attaccamento alle tradizioni e l’impegno che si mette nel cucinare per i nostri cari da noi non sono ancora morti, ma tutt’al più sopiti. E sono appunto i sentimenti che auguriamo di mantener vivi, o risvegliare, nei nostri affezionati lettori.
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